Uso questo blog per pensare. Lo uso per arrabbiarmi per le cose non giuste. Lo uso per condividere il mio pensiero con chi voglia farlo. Non ho altro che abbia senso mettere in comune. Gionata

sabato 29 febbraio 2020

Gascromatografia nasale dei fanghi in agricoltura e running performance


La corsa del giovedì si snoda tra le propaggini orientali della città e la campagna. Dopo avere trottato per le strade asfaltate, si scatta, si fa per dire, oltre il passaggio a livello al termine di via Toledo, verso il canale Cavour, le gambe sono ancora fresche, a sinistra le risaie e, in fondo, la Cascina Toledina. A destra un terrapieno nasconde l’imponente mole del complesso di edifici abbandonati della fabbrica Record, che altrimenti ammorba il paesaggio per quasi tutto il percorso.

Giunto all’altezza del canale, il runner comincia a seguirlo, sulla stradina sterrata alla sua destra. E qui, inizia l’analisi del contenuto atmosferico, fino a questo punto del tutto accettabile. Invece, un forte odore di pesce marcio investe frontalmente il runner, che vacilla. Il canale Cavour è in secca, l’odore non può venire da lì. Anche perché l’ultimo animale acquatico vivo che si sia incontrato nel canale Cavour era un ittiosauro, nel Cretacico inferiore. Da allora, solo prodotti della antropizzazione biochimica lo abitano.

Ci sono, invece, un paio di trattori al lavoro, oltre il canale. E se uno lavora il terreno con un erpice, l’altro invece traina un cassone che spara fango in giro per i campi. L’odore di pesce marcio viene da lì.

Il runner, colpito da una leggera nausea, le gambe appesantite da quel tanfo osceno, prosegue, a fatica, fino alla successiva chiusa, ove il sentiero gira a destra, verso la Statale dei Cairoli, via da quei miasmi. Eh, il progresso! Come imita la natura! Sì, perché in realtà esiste un ambiente naturale in cui sentire odore di pesce marcio lontano dal mare è normale. Sono le vallate occidentali del Canada, affacciate verso l’Oceano Pacifico.

Lungo queste valli scorrono fiumi che vengono risaliti dai salmoni. I grossi pesci salgono fino alle loro zone di corteggiamento e accoppiamento. Ad aspettarli, lungo le rapide, ci sono gli orsi grizzly. L’orso però, quando ne prende uno con i suoi unghioni, non lo mangia tutto. Spolpa la parte molle, e poi getta in terra il restante mezzo pesce. Che in parte viene rosicchiato da altre bestiole e in parte marcisce sul posto.

Questo costante apporto controcorrente di materia organica garantisce il fiorire della vita in quelle terre e su quei suoli che altrimenti sarebbero piuttosto sterili.

A questo pensa il runner, avvicinandosi con cautela alla statale, certo che non incontrerà in giro per i campi nessuno di quei grizzly che concimano le foreste canadesi. Fortunatamente, sapendo che non avrebbe mai potuto sfuggirgli.

Ma oltre la statale lo aspetta un ambiente del tutto diverso. Altri campi, certo, ma l’odore di pesce marcio non c’è più. Riprende il suo ritmo il runner, nonostante il sentiero sia un po’ sconnesso, ma progressivamente si ritrova assediato da un nuovo odore, altrettanto persistente. Stavolta però, più familiare. Il caro vecchio odore di letame, per quanto piuttosto intenso. Si sente come un piccolo insetto che corre lungo le terga di un bovino, mentre questo sfiata senza sosta, come risultato del suo complesso sistema digestivo, che sintetizza idrocarburi leggeri.

Il runner a questo punto fugge, per raggiungere la città, accolto da più accoglienti odori di asfalto, cemento, scarichi di autocarri. Finalmente a casa, allunga la falcata per completare il suo giro.

La tecnologia, sottoforma di registrazione dei tempi parziali della corsa, dimostrerà poi la nocività dei fanghi in agricoltura. Che rallentano il corridore, respingendolo, mentre i liquami più classici, quelli invece lo spingono alla fuga, migliorando la velocità media.

Questo per dire che…non so esattamente. Forse che bisognerebbe non avere il naso, come Voldemort, o forse che il pianeta è spacciato. Fate voi.