Dopo una corsa di
circa 45 minuti, il runner imperfetto è piuttosto soddisfatto. Se poi il
percorso ha dei dislivelli, egli è orgoglioso di averli affrontati, pur
accorciando il passo ma mantenendo il ritmo della falcata, rallentando un
pochino ma con serenità e senza affanno, conoscendo il potenziale e i limiti
del proprio corpo.
Egli osserva l’orizzonte
lontano con sguardo da imperatore: ebbene sì, mondo, ancora una volta ti ho
piegato al mio volere. Ho dovuto sudare, ma ho corso su di te e ce l’ho fatta.
Si toglie gli
occhiali da sole, che servono soprattutto per vedere meno il mondo intorno,
soprattutto in salita, per non vedere la Madonna con l’azzurro manto, le mani
aperte e gli occhi rivolti verso il cielo, che prega addolorata per la
sofferenza del runner.
E’ fresco alla mattina,
l’orario perfetto per correre. Le 7 e 30. Il runner imperfetto lo sa. E alla
sera lo dichiara a tutti gli amici.
Sì, le 7 e 30,
quella era l’ora prefissata. Poi alzarsi dal letto si è rivelato più complesso
del previsto, e tra un traccheggio e un caffè alla fine sono le 9 meno un
quarto, e l’estate ha già acceso i suoi forni. Il runner riesce nel suo
intento, ma paga il pegno, la sua libbra di carne.
Però che goduria.
Domani ancora. La via della perfezione è tutta in salita. Un ultimo sguardo
alle montagne, prima di andare in doccia, poi lo sguardo scende verso le scarpe,
per ringraziare i piedi che lo hanno condotto al traguardo…ma non li trova.
C’è una roba in
mezzo.
E tu che cazzo ci
fai lì? Chiede il runner imperfetto.
E la panza
risponde, timidamente: “eh, sai, le colazioni tirolesi alla mattina…”
Il runner si
incazza. “Ma come! E poi il trekking pomeridiano!
“Ma lo stinco con
gli spaetzle in baita…”
E allora le nuotate alla sera? Non contano
niente? Cosa ci fai ancora lì, disgraziata!
La panza mormora
come per scusarsi. “Due weizen…”.
Eeeeeh. E allora.
Il runner è imperfetto. Ma anche il mondo non scherza.