“I fuckin’ hate Pikeys” (“gli zingari mi
stanno sul cazzo”) lo ripetono, a turno, quasi tutti i personaggi nel film
“Snatch”, di Guy Ritchie.
Tali personaggi
appartengono tutti al sottobosco criminale di Londra: sono ladri, buttafuori,
ricettatori, assassini, tirapiedi e rapinatori. Però quando si parla di
zingari, sono tutti d’accordo. I fuckin’
hate Pikeys.
Nel film, la
battuta, proprio perché si ripete, è esilarante. Non ha uno scopo politico. Ma
io a un certo punto, avendo visto il film diverse volte, mi sono chiesto il
perché.
Uno dice, eh
certo, questi rubano, vivono ai margini della società, chiedono la carità, eccetera.
Ok. Ma allora perché i criminali, che non conducono certo un’esistenza
più retta o regolare, perché anche loro odiano gli zingari?
Io credo che
c’entri con il fatto che gli zingari sembrino ostentare orgogliosamente questa
scelta di vita ai margini, un po’ parassitaria, la mostrano nei modi, nella
lingua ostinatamente diversa, nei colori, nel vestire delle donne, nell’abitare
in sistemazioni temporanee, nel rifiutare le regole degli altri.
Può
sembrare una scelta politica, e forse è per questo che anche i criminali li
odiano. Il criminale evidentemente accetta le regole della società, e sa
bene di infrangerle, ma solo nella misura in cui gli serve, poi rientra nei
canoni e cerca di vivere come i normali, non vuole essere riconosciuto come
criminale. Anche per lui la sfida che pone lo zingaro evidentemente è una
provocazione troppo forte.
Gli zingari ci
forniscono l’opportunità di essere, almeno una volta, nel giusto. Non
importa quanto insignificante possa essere la nostra vita. Lo zingaro è
sicuramente fuori dalle regole del vivere comune, e quindi è
peggio di noi. Noi siamo dalla parte della legalità e della rettitudine.
E’ una bella
consolazione, soprattutto per chi è frustrato, invidioso, per chi è pieno
di rancore perché le cose non gli vanno come vorrebbe, avere
qualcuno che sta di là della barriera, mentre noi siamo di qui, tra i
Giusti. Siamo nella squadra vincente.
Naturalmente è anche
una grande opportunità per politici senza scrupoli. Niente di più
facile che inveire contro gli zingari, per ottenere un po' di consenso
elettorale. Nessuno si opporrà. Nessuno difenderà i colpevoli, perché sono
sicuramente sempre colpevoli, se non stanno commettendo un reato ora, ne hanno
commesso di certo uno ieri, o lo faranno domani. Anzi, i politici avversari, se
non saranno altrettanto veementi nell’attaccare gli zingari, verranno percepiti
come “buonisti” o senza spina dorsale.
Si crea una
spirale di odio che di solito è fortunatamente innocua. Nessuno poi fa
nulla. Il politico senza scrupoli non ha alcun interesse a che gli zingari non
ci siano più, perché poi dovrebbe trovarsi un altro oggetto da far odiare alla gente, di un odio
puro, sacro, retto, che nessun altro nemico può garantire. In fondo
esistono anche negri buoni, froci buoni, ma non zingari buoni.
Il politico senza
scrupoli solo occasionalmente si organizza davvero contro gli zingari. Ne
nascono, in quelle fortunatamente rare occasioni, i pogrom, gli stermini, che
caratterizzano le dittature più feroci, quelle degli zar delle Russie o
quella nazista.
Di solito invece
il politico senza scrupoli si contenta di creare questo malessere organizzato,
sotto forma di odio etnico-culturale, che gli garantisce l’unica cosa che gli
interessa, ovvero di rimanere a galla.
Uno potrebbe
dire: - eh, però, tutti i politici puntano a quello a rimanere al
potere, a galla.
Certo,
sicuramente l’ambizione personale spinge fortemente i politici che eleggiamo.
Ma non tutti scelgono di coltivare l’odio, di farci diventare gente peggiore,
per i loro scopi. Io penso che la linea che divide la civiltà che
potremmo essere e la tribù che rischiamo di diventare passa proprio di qui.
Da quello che i nostri rappresentanti sono disposti a fare per ghermire il
nostro voto e dal fatto che noi ci caschiamo oppure no.
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