Da quando è stato
eletto Presidente degli Stati Uniti, non ho mai scritto una riga su Donald
Trump. Lo faccio solo ora, per due motivi: primo perché ne hanno scritto tutti
e in tutte le salse per cui non mi sembrava di potere aggiungere un contributo
originale. Secondo perché mi fa schifo. Donald Trump mi fa schifo. Quando
compare nelle news lo evito: giro canale, volto pagina, faccio scorrere il
newsfeed. Leggo il titolo al volo, che mi conferma inevitabilmente di che razza
di capo ci ritroviamo, e passo oltre.
Non avrei mai
pensato che nel corso della mia vita avrei visto la prima potenza del mondo
nelle mani di una persona così inadatta, né che la gente fosse così istupidita
e passiva da votarlo.
Non è nemmeno un
tipo particolarmente originale. Se ne trovano a mazzi, specie tra i ricchi e
potenti. Io ho anche lavorato per gente così. Arroganti e maleducati,
scollegati dalla realtà, anzi, essi tentano di imporre agli altri una realtà
alternativa, la loro, che non esiste e non funziona. Io ho resistito per anni,
poi me ne sono andato.
La gente come
Trump si irrita massimamente quando qualcuno li mette di fronte alle loro
contraddizioni, fa cadere il loro castello di carte. Non lo accettano,
rifiutano violentemente il reale. E, se possono, se la persona che non dice sempre
di sì lavora per loro, la licenziano.
Le nostre mamme
ci hanno messo in guardia contro gente così. I bambini che a scuola si vantano
se hanno una merendina più golosa della tua, e poi vanno a piangere dalla
maestra se gliela spiaccichi sul muso. Il vicino di casa che posteggia sempre
sul marciapiede perché vuole che tutti vedano che ha un’auto grossa. Il
passeggero in aereo che fa commenti fascistoidi ad alta voce come se stesse
declamando delle ovvietà.
Il problema è che
poi, da adulti, smettiamo di schiacciargli la merendina sul muso. Perché noi
normali ci ricordiamo cosa ci ha insegnato la mamma. Perché commettiamo l’errore
di sentirci superiori e riteniamo che il compatimento sia una pena sufficiente
per il disturbatore. Non è così. Quello non è in grado di recepire, è un treno
che va solo in una direzione, fuori. Espelle, urla, secerne, è sempre soggetto
attivo. E quindi con questa gente dobbiamo fare violenza prima a noi stessi, e
poi, moderatamente, a loro.
Di solito funziona.
Di solito affrontare questi palloni gonfiati li fa rimpicciolire. Smettono di
fare i gradassi, almeno nei confronti di chi gli resiste (quando non lo possono
licenziare).
Non so come si
possa chiamare questa forma di cittadinanza attiva, pre-politica, che non si
risolve nel voto. Il voto a un politico o a un altro è solo la conseguenza di
una serie di decisioni prese, ma il fatto di resistere agli stronzi tutti i
giorni nella vita quotidiana è molto più importante perché in qualche modo
forgia, seleziona quelli che andremo a votare. Se i nostri rappresentanti sanno
che siamo attenti, svegli e non accettiamo prepotenze o prevaricazioni, staranno
più attenti a come si comportano.
Non c’è bisogno
di armarsi o di fare del male a qualcuno. Semplicemente non bisogna stare
zitti. Avete provato a lamentarvi quando qualcuno, nel silenzio di un ufficio
delle poste, prova a saltare la coda? Subito dietro di voi parte un’ondata di
sdegno, il tagliatore di code vacilla, viene scosso, rinuncia. Se applichiamo
questo principio a situazioni meno ovvie, abbiamo fatto un favore alla civiltà.
Io non sopporto il termine “tolleranza zero” perché di solito chi lo pronuncia
ha smesso di ragionare da un pezzo. Ma ai prepotenti o gli arroganti non si può
concedere nemmeno un centimetro. Che passino giornate orribili circondate da
cittadini per bene che non gli permettono di sgarrare, Poi si sfoghino a casa
con qualche videogame o mangiando a dismisura. Chissenefrega. La loro
frustrazione è una condizione necessaria per avere un mondo migliore.
Nessun commento:
Posta un commento