In questi giorni ho
cercato di capire che fine farà il nostro pianeta e noi con lui. Dopo l’excursus
che ho fatto, e di cui propongo qui alcuni spunti, i miei dubbi sono aumentati,
e non di poco.
Questo discorso
di Jim Beasley su TED descrive le ricerche che lui e un gruppo internazionale
di scienziati ha fatto sulla fauna all’interno della zona di esclusione di
Chernobyl.
Il video è in
inglese, e spiega una cosa molto chiara. Contrariamente a quanto si aspettavano,
hanno riscontrato che la vita animale e vegetale prospera intorno a Chernobyl,
nella zona da cui gli umani sono stati evacuati da trent’anni.
Grandi mammiferi,
predatori, animali quasi estinti in Europa vivono e si riproducono in una zona
in cui le radiazioni sono troppo alte per la sicurezza degli umani. Non solo: la concentrazione di animali
selvatici è molto più alta di altri parchi naturistici nella stessa Ucraina. Inoltre,
invece di assieparsi ai margini della zona, lontano dal reattore, gli animali
sono più frequenti verso il centro.
Questo significa
una sola cosa: no, non significa che le radiazioni fanno bene. Fanno molto male:
se sono molto intense bruciano la carne. Se sono poco intense, provocano il
cancro.
Significa invece
che per la vita animale e vegetale, c’è una cosa certamente peggiore di un
incidente nucleare come Chernobyl. Peggiore a tal punto da preferire di vivere
vicino alla centrale danneggiata. Quella cosa siamo noi.
Vivono lì, insieme
dalle radiazioni, meglio di come vivono in qualsiasi posto in cui ci siamo noi
umani.
Spesso si sente
parlare di come potrebbe estinguersi la vita sulla terra. Ogni tanto si parla
dell’asteroide che potrebbe colpirci. Degli effetti dell’asteroide. Però, se
guardiamo la velocità a cui animali e habitat si stanno estinguendo, spesso
anche solo per mancanza di spazio, ci rendiamo conto che l’asteroide sulla
terra è già arrivato.
Siamo noi, l’asteroide.
Siamo noi, la prossima estinzione di massa, e sta già succedendo.
Reggerà il
pianeta dieci miliardi di consumatori (perché non c’è alcun dubbio che presto saremo
dieci miliardi e non c’è nessun modo in cui ciò si possa impedire, a meno di cominciare
a sterminare gente)? Consiglio questo altro Ted Talk di Hans Rosling che lo
spiega in maniera elementare e geniale.
Intanto mi
piacerebbe che chi è più capace di me di fare ricerche in campi economici e
sociali, trovi il modo di sganciare lo sviluppo dell’uomo dal consumo del
pianeta, perché fino ad ora abbiamo vissuto come se non ci fosse un domani. E
forse infatti non ci sarà.
Al centro degli
oceani, le correnti stanno accumulando la nostra spazzatura di plastica. Che
soffoca la vita in mare, senza la quale non ce la possiamo fare nemmeno noi. Le
immagini che mostrano l’acqua dell’oceano ridotta a una densa brodaglia di
frammenti microscopici di plastica, le carcasse degli animali marini e degli
uccelli trovate piene di pezzi di plastica inghiottiti per sbaglio, non sono bufale.
E’ tutto vero.
Anche qui abbiamo
una spiegazione chiara e disincantata del fenomeno, da parte del capitano
Charles Moore, oceanografo californiano e arrabbiato nemico della plastica usa
e getta.
Esiste un piano B
per produrre quello che serve senza distruggere tutto ciò che ci circonda?
Qualcuno ci ha pensato?
E dopo averci
pensato, esiste un modo per fare in modo che la politica se ne occupi?
Sull’argomento
propongo le riflessioni e la denuncia da parte del giurista americano Larry
Lessig, che compara l’autoritarismo cinese con le storture della democrazia
americana.
Che chances
abbiamo se il paese più popoloso al mondo e quello più potente impediscono che
le vere urgenze che impattano sulla popolazione vengano risolte?
Quando ho
iniziato questo blog, nel mio paese, in Italia, c’era al governo Berlusconi,
nella sua marcescente fase finale. Lo credevo il peggio possibile. Il che dimostra
solo quanto limitata sia la mia immaginazione.
Anche adesso in
Italia c’è un governo che mi sembra dannosissimo. Ma nello schema delle cose,
non è altro che una buca sul Trionfale Cammino del Progresso. Il problema è
proprio il Trionfale Cammino, da cui rischiamo di non uscire vivi.